Una vita nuova

Sorriso, sostantivo maschile, dal latino “risus”. Il dizionario è scarno, non dà soddisfazione. Per me, invece, il sorriso è stato una conquista. Ho impiegato 40 anni. Da mia madre ho ereditato una strana conformazione: due canini sghembi; poi un “dentone” me lo sono spaccato da ragazzo giocando a pallone all’oratorio, un altro era piccolo e nero, ancora quello “di latte”. E così, quando sorridevo, o abbassavo la testa o mi mettevo la mano davanti alla bocca. Mio padre, operaio alla SIP (una volta c’erano gli operai) mi portò dal dentista. Avrei dovuto mettermi “la macchinetta”: con la mutua avrebbe avuto un costo, senza la mutua un altro più basso. Ma non avevamo soldi comunque. Sono andato avanti, con un carattere allegro, espansivo, ma con i denti storti. Alle medie mi piaceva una ragazza che si chiamava Cinzia. Lei e una sua amichetta passavano sotto la finestra di casa mia per invitarmi a scendere e giocare con loro e mi chiamavano “Draculino”. Sono cresciuto con la tv del sorriso, quello di Sordi e di Virna Lisi, la tv didattica dei buoni e dei cattivi, del “volemose bene”. “Noi vogliamo ciò che vuole il destino”, diceva Oswald Spengler. A me è sempre piaciuto scrivere. Così ho cominciato con gli sceneggiati radiofonici a puntate, poi, casualmente, in televisione come autore di programmi di medicina. Un giorno lessi una intervista sul supplemento Salute del “Corriere della sera”, mi pareva interessante. Il consulente scientifico del programma era Luigi Bazzoli, mi disse che l’intervistato era uno straordinario professionista che lui aveva conosciuto a Milano. Decisi di invitare in trasmissione il professore Gianfranco Aiello, esperto in ortodonzia e odontoiatria estetica (non ricordo se a Check up o a Uno Mattina). E così ci conoscemmo, nacque una naturale simpatia tra terroni. Lui mi guardò in bocca e mi disse, in confidenza, che avrebbe potuto risolvere il mio problema in due ore in “un’unica seduta”. Pensai al solito spaccone meridionale. E invece andò proprio così. Mi presentai terrorizzato a Salerno: più che in uno studio medico mi sembrava di stare in una postazione della Nasa. Mi sono sottoposto a una “coronoplastica”. Non ho idea di cosa sia e non me ne importa nulla. Quando la mitica Gabriella mi ha portato lo specchio mi sono guardato, ma non ero io. O meglio ero io solo che ora potevo sorridere con naturalezza, estendendo la bocca come non avevo mai fatto. Mi sono emozionato: mi sono passati davanti agli occhi tutti quegli anni di sorrisi mancati, trattenuti, nascosti da un palmo di mano. Mi è tornato in mente il Carosello del “ti spunta un fiore in bocca”. A me è spuntata una vita nuova.