C'è un diritto che nell'etica della medicina è stato quasi sempre ignorato. Si riconosce il diritto alla salute, si riconosce il diritto alle cure mediche, si riconosce il diritto alle cure dentarie (ma denunciando spesso uno scarso interesse di istituzioni e di governi per le patologie dei denti e l'inconsistenza delle misure di prevenzione, che si riflette soprattutto sulle fasce più deboli) ma un altro diritto è sempre negato: il diritto al sorriso.
Il compito, anche etico, di un bravo dentista, non è solo quello, ancorchè impegnativo, di mantenere una funzione indispensabile qual'è quella della masticazione, ma anche quello di non alterare l'aspetto della persona.
I problemi legati alle cure dentali sono psicologici e medici. Possono essere compromessi anche l'erotismo e la vita affettiva, perchè alla specie umana la bocca non serve solo per alimentarsi e per parlare: denti esteticamente mal posizionati o una situazione igienica scadente possono influire negativamente sul rapporto di coppia. Per questo il "diritto al sorriso" è una conquista molto importante, perchè una cattiva dentatura può danneggiare l'equilibrio psicologico di un individuo. Il Comitato Nazionale di Bioetica, in un documento ufficiale lo ha recentemente messo in evidenza, sottolineando la necessità che venga riconosciuto questo diritto. Venti anni fa, creando l'Accademia di Estetica Dentale Italiana, avevo attuato nella pratica clinica questo imperativo etico.
Denti bianchi e allineati: uno studio su un grande campione, svolto qualche anno fa in America, ha individuato in questi due elementi il successo di una buona cura dentaria e quindi di un sorriso.
Alla domanda di cosa conti di più nel viso, la maggioranza degli intervistati ha risposto: gli occhi e il sorriso. Non a caso lo slogan che l'Accademia di Estetica Dentale Italiana coniò qualche anno fa è che "il sorriso vale metà del viso".
Dunque il sorriso come punto focale dell'immagine di sè, capace di produrre simpatia, di accattivare amicizia, di affascinare l'anima.
Fino a venticinque anni fa, agli albori degli Anni Ottanta, la buona odontoiatria si limitava alle otturazioni in argento (cosiddette piombature) e alle capsule (corone) in oro.
Oro è bello si diceva. Ma non era vero.
Perchè la medicina della bocca non prendeva in nessuna considerazione l'aspetto estetico della dentatura. Capire e interpretare la forte domanda di immagine che si affacciava prepotente, in una società che ha fatto dell'immagine un punto saliente della propria filosofia esistenziale, fu il primo passo necessario per mettere a punto concetti e metodi che coniugavano estetica e salute, un binomio che avrebbe cambiato la medicina della bocca.
Non più otturazioni (restauri) in argento che, seppure efficaci dal punto di vista clinico, apparivano irrimediabilmente nere o al massimo lucide.
Entrò di prepotenza il "composito", un materiale estetico che ben si mimetizza col dente da restaurare, costituito da una miscela di resina e cristalli di quarzo. Fu il definitivo tramonto delle capsule in oro-resina e si affermò rapidamente la ceramica dentale che imitava alla perfezione il dente naturale, senza esibizione di oro o di altri inestetismi.
Un altro passo della ricerca biomedica fu segnato dalla messa appunto di tecniche sofisticate, ma che garantivano una lunga durata, per rimodellare la linea della bocca, grazie all'uso di materiale composito e in particolare della "coronoplastica".
Si trattava di una tecnica complessa, forte dell'esperienza clinica acquisita dalla ricostruzione di denti fratturati ma attenta nel contempo alla salvaguardia di tutti i parametri clinici. Questa tecnica ha salvato spesso la bocca e il sorriso di bambini, facili alle più svariate fratture dei denti.
Dopo pochi anni un'altra svolta della medicina dentale: a metà degli Anni Ottanta si cominciò a intervenire chirurgicamente nell'architettura delle gengive per creare una perfetta armonia non solo della bocca ma dell'intero viso. L'intervento di una delicata chirurgia plastica sulle gengive che spesso deformano l'intera immagine del volto con gengive o troppo grandi (il sorriso cavallino) o troppo esigue e insufficienti, ha realizzato un altro principio estetico dell'odontoiatria. Perchè se è vero che i denti sono il quadro entro cui splende il sorriso, le gengive ne sono la cornice. E una cornice inappropriata, o peggio, segnata irrimediabilmente da squilibri di proporzioni e disarmonie, compromette la bellezza del quadro-sorriso. Ma è alla fine degli Anni Ottanta che viene realizzata dal Professore Van B. Haywood della North Caroline University, la rivoluzione più eclatante nel mondo dell'estetica dentale.
Haywood mette a punto nel 1989 il Nightguard Bleanching, letteralmente il "Guardiano notturno che biancheggia", cioè lo sbiancamento dello smalto dentale: si tratta di un sistema che ridona lo splendore della lucentezza ai denti, senza intaccare la delicata "porcellana" di cui sono fatti.
Quello di restituire ai denti ingialliti, anneriti e scoloriti dal tempo o dal fumo o da malattie, l'immacolata bellezza che madre natura sa donare, era un obiettivo della ricerca medica che durava da almeno un secolo.
Si era cominciato avventurosamente, come spesso accade in medicina, con metodi empirici: addirittura con l'utilizzo di sostanze abrasive e corrosive quali acidi o bicarbonati che finivano col dare sbiancamenti effimeri a fronte di consistenti distruzioni dello smalto dentale.
Poi si arrivò, negli Anni Trenta, ai primi studi sui processi sbiancanti ossidativi (che utilizzano acqua ossigenata). Ma le procedure proposte via via negli anni, non ebbero successo, sia per la complessità operativa che per l'utilizzo di alte concentrazioni di acqua ossigenata, mal tollerata dal dente, dalla gengiva e dal paziente.
E finalmente arriva la "sentinella bianca" che illumina la notte buia dei nostri denti. Con il Nightguard bleaching, nel 1989, il Professore Haywood introduce il sistema di sbiancamento innocuo e definitivo, utilizzato ormai in tutto il mondo su milioni di persone.
La procedura è semplice: al paziente vengono consegnate delle formine di plastica trasparente (mascherine) costruite sui calchi di gesso ricavati dalle impronte delle sue arcate dentali. Il paziente prima di andare a dormire, le posiziona sui denti, dopo averle riempite di un gel a base di perossido di carbammide al 10% (equivalente a perossido di idrogeno, cioè acqua ossigenata al 3%). Al risveglio toglie le formine, e nel volgere di 10-15 notti i denti ritornano al loro naturale splendore in maniera definitiva senza compromettere nè intaccare tutto l'apparato della bocca: i denti, le gengive, l'organismo. L'unico possibile inconveniente è un lieve aumento della sensibilità al freddo, transitoria, che passa nel giro di ventiquattro ore. Con questa procedura è possibile ottenere lo sbiancamento di qualsiasi colorazione, compresa quella secondaria dovuta ai farmaci a base di tetracicline assunti in età pediatrica (in questi casi necessitano 2-4 mesi di trattamento). Altri sistemi di sbiancamento, i cosiddetti "fast", proposti negli anni successivi, che utilizzano il perossido di idrogeno dal 12% al 35% attivati da luce alogena o dal laser, non hanno dimostrato a sufficienza la loro validità e innocuità e sono tuttora poco diffusi.
Agli inizi degli Anni Novanta si raggiunse un nuovo traguardo: in alternativa alla antiestetica "macchinetta" dentale utilizzata per allineare i denti, comincia a diffondersi quella che segna un'altra rivoluzione: l'ortodonzia linguale, meglio conosciuta come "macchinetta invisibile".
I piccoli rettangoli metallici invece di venire incollati sulla faccia esterna, vengono posizionati sul retro dei denti e quindi in posizione invisibile. Per cui i denti vengono riallineati senza alcun impaccio e senza inestetismi. Gli Anni Novanta vedono anche l'affermarsi definitivo della implantologia, la metodica clinico-chirurgica che sostituisce i denti persi.
È sufficiente inserire nell'osso una radice artificiale in titanio per "impiantare" un nuovo dente. Soprattutto negli anziani permette una efficace restitutio ad integrum, cioè un recupero di una dentizione "naturale" al posto della "dentiera". Insomma, dopo quella dei denti di latte e dei denti definitivi una vera e propria terza dentizione. La lunga strada della ricerca biomedica ha compiuto passi rilevanti, e altri è in procinto di compierne: basti pensare alla grande rivoluzione della genomica e della post-genomica; e il disvelamento dei segreti del DNA presto toccherà anche la medicina della bocca.
Le strade sono aperte a nuove conquiste, ma sicuramente aver ripristinato e riconsegnato i canoni classici della bellezza all'estetica dentale è una pietra miliare della storia della medicina.
E aver riconosciuto il "diritto al sorriso" è una conquista dell'estetica dentale.

Gianfranco Aiello